Il manuale
Definisce ed stabilisce le caratteristiche e le regole d’uso di un marchio, in questo caso il branding del museo; in ogni capitolo si spiega in forma chiara e sintetica, l'uso, impostazione, formati, caratteri e codici colore. Il manuale ha come ultimo destinatario tutti coloro, che a livello interno ed esterno, gestiscono o collaborano nella comunicazione, ufficio stampa, società di comunicazione, agenzie di pubblicità, e grafici. La sua finalità e quella di dare delle istruzioni in modo chiaro a chiunque sia in contatto con questa risorsa in modo di poter generare una comunicazione a quanto più possibile coordinata e coerente.


L'ARTE CINETICA
A partire dal 1960 l’espressione arte cinetica entra nel vocabolario degli storici e dei critici d’arte e viene utilizzato per definire opere bi o tridimensionali in movimento reale e in movimento “virtuale”, ossia opere che si muovono effettivamente e opere in cui l’occhio dello spettatore è guidato in modo evidente, vale a dire oggetti in cui i fenomeni ottici del movimento svolgono una funzione predominante o che richiedono una partecipazione attiva dello spettatore, vuoi con il suo spostamento o con la manipolazione che va a modificarne l’assetto plastico. In Italia Bruno Munari e Umberto Eco definiscono così l’arte cinetica: “Un genere di arte plastica in cui il movimento delle forme, dei colori e dei piani è il mezzo per ottenere un insieme mutevole. Lo scopo dell’arte cinetica non è dunque quello di ottenere una composizione fissa e definitiva.” (Arte programmata, catalogo della mostra, Milano, 1962) L’opera d’arte cinetica può essere definita anche secondo la nozione introdotta da Eco: “un’opera aperta, come un genere formato da una costellazione di elementi, in modo che l’osservatore può rivelare, attraverso una scelta di ‘interpretazioni’, differenti combinazioni possibili e dunque differenti possibilità di distinte configurazioni: al limite, l’osservatore interviene effettivamente modificando la modificazione reciproca degli elementi.” (Arte programmata, cit.).

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